Giugno 20, 2019

Il giardino interiore

Ancor prima che nelle testimonianze scritte, è stato il mito a narrare il giardino come luogo di armonia e di felicità per uomini e dèi fino a quando un gesto di tracotanza o una colpa senza riscatto ha posto fine allo stato di grazia per la stirpe umana. Una delle prime tracce letterarie risale all’epoca sumerica dove si raccontano le storie della dea Ishtar, divinità dal grembo fertile come un giardino, da cui ebbero origine la civiltà mesopotamica e il culto della dea madre, giunto poi nel bacino del Mediterraneo. A questo binomio di femminilità e giardino deve essersi ispirato anche Ariosto quando descrive come magico e sensuale il luogo dove Alcina seduce con le sue malìe. Pitture parietali dell’antico Egitto, rinvenute nelle tombe di faraoni e di personaggi illustri, documentano coltivazioni sempre più raffinate in cui si riconoscono i tratti di un vero e proprio giardino delle delizie.

Filosofi e poeti hanno trovato nei giardini ispirazione e raccoglimento, mentre nei luoghi della spiritualità monastica la coltivazione di frutteti e di piante officinali ha unito una formidabile organizzazione produttiva alla pratica devozionale.

Nel poema del Roman de la Rose i giardini sono celebrati come luoghi di amore e di incanto e come tali li ritroviamo nell’esperienza poetica siculo-toscana alla fine del Duecento in cui risuonano l’eco e la fortuna della lirica provenzale.

Nella Commedia, Dante esorta gli Asburgo a non trascurare l’Italia che chiama ”giardino dell’impero” e Goethe celebrerà il nostro paese definendolo giardino del mondo.

I potenti della terra hanno affidato ai giardini la scenografia della loro magnificenza, prolungando all’esterno i confini di dimore già sontuose. Ma il più recente fenomeno degli orti comunitari, nati in molte città del mondo occidentale, la dice lunga sui rapporti tra giardinaggio e attivismo politico.

Isola di perfezione architettonica, rappresentazione di eudaimonia e virtù, evocazione di congetture utopiche e di paradisi perduti, il giardino non è solo una costruzione materiale ma anche la testimonianza di un’idea, di un afflato spirituale o di una visione del mondo.

La metafora del giardino ha perciò molto da dire e soprattutto da insegnare anche al nostro tempo dove sembrano prevalere le “passioni tristi” e una prospettiva poco rassicurante per l’intero pianeta. Ciò non significa riproporre alla pari similitudini e simbologie cristallizzate ma semmai riscoprire in esse significati e valori capaci di parlare alla contemporaneità e alle sue ferite aperte: la supremazia della tecnica, la solitudine esistenziale e la sofferenza dell’ecosistema che tocca tutto il vivente. Non per caso si avverte un rinnovato interesse intorno al tema del giardino, suscitato probabilmente da una sensibilità ecologica, via via sempre più diffusa, e da una istintiva diffidenza nei confronti di una vaticinata supremazia tecnologica che potrebbe modificare, in futuro, il concetto stesso di uomo. E tuttavia tale interesse ha significati più profondi di quelli altrettanto nobili legati ad un atteggiamento di rispetto generale nei confronti dell’ambiente che non è solo natura, ma comprende anche le città, le strade, i luoghi pubblici e gli spazi condivisi, il mondo che abitiamo. Il giardino, invece, può non essere uno spazio fisico, spesso è un luogo dell’anima, una categoria dello spirito, un modo di essere e di sentire.

In realtà, questa dimensione del giardino-metafora, apparentemente solitaria e privata, risente di alcune caratteristiche che appartengono anche al giardino come luogo fisico per effetto della stratificazione di significati e di funzioni che nel tempo si è depositata nella memoria collettiva. Pittura, letteratura, cinema, attraverso l’immagine o l’immaginazione, tengono viva la rappresentazione del giardino ideale, quello che tutti possediamo, come patrimonio del nostro intelletto e delle nostre percezioni estetiche.

La sua caratteristica è di essere uno spazio delimitato (hortus conclusus), una creazioneartificiale, un progetto per assicurarsi nutrimento prima ancora che per la coltivazione di piante ornamentali. Ancora oggi gli agrumeti sono chiamati giardini e le oasi sono esempi di ingegno nella coltivazione intensiva, dal basso verso l’alto, irrigata da sistemi idraulici straordinari e sorprendenti.

In questo incontro di natura e di sapienza, la tecnica non ha il carattere della sopraffazione bensì dell’alleanza tra l’uomo e il suo ambiente: natura, non nisi parendo vincitur, ci ricorda Bacone - non si vince la natura se non obbedendole.Il giardino è dunque il luogo che rende possibile l’armonia degli opposti che non è data ma deve essere costruita: non solo fra natura e cultura, ma anche fra necessità e desiderio, tra incertezza e speranza. Ciò che la rende possibile è la cura: il giardino è un’opera effimera, muore se non è curato, può soffocare, inaridirsi, ammalarsi, come accade alle persone e alle comunità, quando i legami si allentano e il senso di solitudine, anziché avvicinare, rende diffidenti e lontani. Curare un giardino - immaginario o reale - richiede attitudini sempre più inusuali: l’osservazione, la pazienza e la presenza, l’attesa e la perseveranza, l’umiltà e la sopportazione della fatica. Senza fatica non si ottiene il frutto sperato. Il giardino è un luogo di proporzioni e di giuste distanze, di pluralità e di convivenza tra diversi. Tutto ciò che fa di un luogo un giardino corrisponde a ciò che per l’anima umana è il suo nutrimento e, al tempo stesso, l’impronta che essa lascia nell’interazione con gli altri e con il mondo. Per questa ragione, la cura di sé, non è mai rivolta solo a se stessi, in ossequio all’Io narcisistico “orfano del noi". Se l’etica del giardino ha un senso per la nostra epoca, questo risiede ancora nella costruzione del bene comune che nonostante non faccia più parte delle grandi ideologie non per questo deve rinunciare alle spinte ideali che il giardino interiore, la nostra anima, coltiva e custodisce a beneficio di tutto il vivente.

Bibliografia

  • M. Benasayag e G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi,  Feltrinelli, Milano,  2004
  • E. Coccia,  La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna, 2018 
  • F. Chicchi e A. Simone, La società della prestazione, Ediesse, Roma, 2017
  • C. Tosco, Storia dei giardini. Dalla Bibbia al giardino all’italiana, Il Mulino, Bologna, 2018
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